Vittoria dei diritti. Almeno per ora. La proposta di negare questo diritto civile, avanzata da due fondazioni per la vita e appoggiata dal partito di maggioranza, è stata rifiutata dal parlamento polacco, e così per ora il movimento integralista cattolico polacco ha perso questa battaglia. Le proposte erano ben due, e se la prima vietava l’aborto, la seconda consisteva nel divieto assoluto di fare educazione sessuale alle giovani e ai giovani. Il secondo disegno di legge impediva infatti ai medici, alle operatrici sanitarie e alle insegnanti di dare informazioni su sessualità, contraccezione e relazioni, incluse le questioni di genere e le differenze sessuali e di orientamento; ciò rischiava di diventare reato punibile fino a tre anni di carcere, aprendo così la strada alle persecuzioni di omosessuali, medici non obiettori, operatrici sanitarie che si occupano di salute riproduttiva e sessuale, e di prevenzione dell’aborto.

Ma le donne polacche, coraggiose e rispettose delle precauzioni imposte per la pandemia, sono comunque riuscite a mobilitare l’opinione pubblica attraverso i canali social e una rete di giornalisti che hanno scritto e diffuso la notizia. Notizia che però non è uscita più di tanto dai confini polacchi, tant’è che qui in Italia la stampa non ha quasi parlato di questo fatto. In fila al supermercato, dalle finestre e dai balconi, sulle poche auto in circolazione, in bicicletta, le femministe polacche si sono organizzate per far sentire la loro voce. E’ stata organizzata persino una protesta in diretta streaming su Facebook, durata oltre otto ore e con più di cento mila persone connesse. In poche ore dalla minaccia di questa proposta di legge, le attiviste hanno fatto un’operazione meticolosa ed efficace per organizzare quello che potremmo dire è stato il primo esempio di manifestazione virtuale di massa a difesa dei diritti delle donne. 

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