Mentre regioni come le Marche e l’Umbria continuano a indietreggiare sul tema della salute e dei diritti riproduttivi, il Lazio ha avviato un decisivo aggiornamento. Lo scorso 26 gennaio è stata pubblicata sul Bollettino Ufficiale del sito della regione Lazio la determina* del 31 dicembre 2020 che fa riferimento alle linee guida del ministero** riguardanti il “protocollo operativo per la interruzione volontaria della gravidanza (IVG) del primo trimestre con mifepristone (RU486) e prostaglandine, in regime ambulatoriale o di day hospital”. Questa determina afferma che l’aborto farmacologico, effettuato con l’assunzione del mifepristone in struttura ospedaliera e la somministrazione a domicilio delle prostaglandine 48 ore dopo, potrà essere accessibile anche in consultori e ambulatori pubblici. Nel documento viene precisato che “il metodo farmacologico è sicuro ed efficace, e può essere utilizzato, oltre che per l’interruzione volontaria, anche nel trattamento di varie condizioni cliniche quali l’aborto spontaneo, l’aborto incompleto e la morte fetale intrauterina”. La stessa determina ricorda inoltre che l’OMS sottolinea il fatto che l’aborto farmacologico possa essere praticato con sicurezza anche da medici non specialisti, e prevede l’eventuale possibilità di una gestione completamente da remoto, con servizi di telemedicina, già in uso in altri paesi.


In Italia l’aborto farmacologico, viene ancora fatto in regime ambulatoriale e spesso comprende un ricovero di due giorni. In sostanza, per assumere due medicinali, una procedura che l’OMS definisce gestibile in telemedicina, le donne sono obbligate a rimanere in ospedale per ben tre giorni. Una pratica altamente inappropriata che rimane tuttora un’anomalia nel panorama europeo. La determina, che trovate alla fine dell’articolo, invece, stabilisce che il primo farmaco venga dato in ospedale, in ambulatorio o in consultorio, e che il secondo venga dato direttamente alla donna che lo può assumere con tranquillità a casa propria. Tutto ciò avviene chiaramente dopo che la donna abbia ricevuto tutte le informazioni necessarie, unitamente alla possibilità di contattare una linea di consulenza attiva 24ore su 24.

Foto di Elisa Gilormello
Foto di Elisa Gilormello


Si tratta quindi di una determina davvero rivoluzionaria per due sostanziali motivi. In primo luogo, può portare un cambiamento affinché l’aborto diventi un diritto in cui la donna è veramente posta al centro. La donna, gestendo sia l’assunzione del farmaco che i cambiamenti del proprio corpo, riceve un riconoscimento e una valorizzazione della sua autonomia nel prendersi la responsabilità dell’interruzione di gravidanza. Infatti, come sottolinea la ginecologa Elisabetta Canitano, che fa parte di Laiga, “la donna ha una sapienza e una conoscenza dei propri eventi riproduttivi che può e deve mettere in gioco, se non la si espropria di tutto”.


In secondo luogo, la determina include finalmente i consultori nella pratica dell’aborto, come la legge 194 indica fin dal 1978. Essi rappresentano una struttura più che adeguata ad affrontare la complessità della richiesta e dell’accesso al servizio di IVG, che finora può solo fare da tramite tra la donna e la struttura ospedaliera che offre il servizio. Non a caso, questa introduzione è anche facilitata dall’attuale emergenza sanitaria riguardante la pandemia SARS CoV-2 in cui è opportuno limitare il più possibile gli accessi e i ricoveri negli ospedali.


Seppure il Lazio abbia fatto con questa determina un grande passo avanti nell’ambito dell’applicazione del nuovo protocollo operativo per l’aborto farmacologico, sono gli ospedali a dover rendere effettive queste procedure. Gli ospedali dovranno definire i percorsi per attuare le indicazioni del protocollo tecnico e, insieme alle aziende sanitarie, identificare le strutture ambulatoriali e i consultori dove sarà possibile effettuare la IVG farmacologica.  Inoltre, dal momento che si parla di determina e non di delibera, questo documento ha un carattere meno cogente ed è purtroppo assente negli obiettivi delle direzioni sanitarie, presentandosi oltretutto privo di scadenze.


Nonostante la sua caratteristica rivoluzionaria che teniamo a valorizzare, e che è il risultato di un percorso di tanti movimenti, assemblee e associazioni, Laiga desidera sottolineare che questa delibera abbia bisogno di una marcia in più. Essa non basta per migliorare l’accesso all’aborto farmacologico, poiché la mancanza di una chiara direttiva da parte della regione, e la mancanza di coordinamento tra le strutture sanitarie, rendono confusionario e quindi difficile l’aggiornamento
della procedura dell’IVG farmacologica, soprattutto per il personale sanitario che deve fornirne il servizio.
Ci auguriamo quindi che si delineino ulteriori indicazioni da parte della regione Lazio per aprire la strada a un migliore ed efficace accesso a un diritto fondamentale.

*http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato3578209.pdf
** https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf?anno=2020&codLeg=75683 &parte=1%20&serie=null

di Flavia Chiavelli