Verso una lotta sempre più esplicita delle regioni centrali contro il diritto all’autodeterminazione. 

Foto in copertina di Andrea Liuzzi

Il cuore geografico d’Italia — Umbria, Marche e Abruzzo — sta pompando sforzi decisamente anacronistici e finanziamenti fin troppo pubblici per rendere l’accesso all’aborto ogni giorno più complicato. Con l’insediamento delle nuove giunte di centrodestra nelle tre regioni, dall’estate 2020 ad oggi i processi messi in atto per ostacolare l’aborto sono diventati mano a mano più omogenei ed evidenti.

Ripercorriamo brevemente la situazione per regione:

Come ci ricorda Internazionale in questo articolo, la scorsa estate, mentre la pandemia metteva in crisi gli ospedali di tutta Italia per la mancanza di posti letto, in Umbria si stabiliva un obbligo di ben tre giorni di ricovero per chiunque volesse assumere la RU486, nonostante Ministero, Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia e l’OMS avessero già premuto per la somministrazione della pillola senza necessità di ricovero. Espediente, questo, che non solo avrebbe alleggerito la già compromessa situazione ospedaliera, ma che avrebbe anche garantito un’interruzione di gravidanza sicura e meno invasiva.

Tesei, la governatrice dell’Umbria, si è adeguata alle linee di indirizzo del ministero solamente lo scorso Dicembre. Nonostante questo apparente adeguamento anche rispetto alla legge 194 — che, ricordiamolo, prevede anche il diritto di scegliere il regime di ricovero — gli ospedali di Perugia e Terni, le due città più popolose dell’Umbria, non hanno ancora mai visto l’ingresso di una pillola abortiva nelle proprie strutture. L’unico modo per interrompere una gravidanza è sottoporsi a l’IVG chirurgica, se e quando è possibile: a Perugia, una sola volta alla settimana e quando funziona a Terni. Ciò costringe un gran numero di persone ad abortire in Toscana.

E’ per questo motivo che ormai da inizio febbraio le associazioni pro-choice a difesa dei diritti delle donne come Udi (Unione delle donne italiane) e la Rete Umbra per l’Autodeterminazione, stanno chiedendo a gran voce l’introduzione dell’aborto farmacologico negli ospedali principali (e universitari) della regione e che venga insegnato agli studenti dell’ospedale come somministrarlo.

A peggiorare la situazione, una proposta di legge regionale intenderebbe modificare il Testo unico in materia di Sanità e Servizi sociali: una volta approvata, questa legge — che ricalca con ben poca creatività la legge regionale veneta a sostegno della famiglia e della natalità approvata nel maggio scorso — spianerebbe la strada alle associazioni spesso erroneamente definite pro-life (non sono pro-life, ma anti-scelta!) nei consultori e ambulatori pubblici, con lo scopo di prevenire l’aborto volontario tramite potenziamento delle attività dei consultori familiari e orientare le donne nell’approccio alla contraccezione, sofisticato eufemismo per dire convincerle a fare ciò che non vogliono fare, ovvero portare a termine la gravidanza fino al nono mese.

Questo acuirsi dell’offensiva antiabortista è anche frutto di quanto promosso da Agenda Europa, di cui vi abbiamo parlato in questo articolo, un movimento internazionale che vuole ristabilire quello che i suoi membri definiscono come “l’ordine naturale”, tramite disinformazione (“la pillola abortiva è veleno” vi dice qualcosa?), propaganda antiabortista e anti-gender, che trova terreno fertile nell’appoggio di certe forze politiche.

In Abruzzo e nelle Marche la situazione non sembra essere molto diversa. Delle Marche, regione guidata da Acquaroli, che si era espresso contro la somministrazione della pillola abortiva nei consultori, vi avevamo già parlato qui qualche settimana fa. Analogamente, in Abruzzo, il governatore Marco Marsilio, proveniente da Fratelli D’Italia, ha inviato una circolare a tutte le Asl territoriali raccomandandosi di effettuare l’interruzione di gravidanza in ambito ospedaliero, ma non nei consultori, facendo così sapere che anche l’Abruzzo non intende seguire le indicazioni ministeriali emanate nell’agosto 2020. Le reti femministe abruzzesi vogliono vederci chiaro e si stanno attivando per indagare meglio la realtà dei servizi e dei consultori del territorio, richiedendo di avere accesso a dati, statistiche e informazioni in materia di aborto nella regione.

E’ vero che andare verso l’8 marzo con un obiettivo formalmente raggiunto oltre 40 anni fa, ci può forse sembrare deprimente. Quello che non è deprimente è che a farlo siamo insiemə, unitə, decisə e soprattutto tantissimə. Noi di LAIGA ci siamo e ci schieriamo con lə attivistə e femministə marchigianə, abruzzesi e umbrə, avendo in mente un unico scopo: rendere l’aborto un diritto effettivamente accessibile e non permettere più che altri usino i nostri corpi come campo di decisioni politiche e ideologiche.

L’8 Marzo Sempre.

Noemi Ricci

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Ne hanno parlato anche:

Internazionale – I diritti delle donne sotto attacco in Umbria e nelle Marche

The Vision: Con gli antiabortisti nel welfare, la nuova legge umbra intralcerà la libertà di scelta delle donne
https://thevision.com/attualita/legge-welfare-umbria/?fbclid=IwAR0plk86ZXBej-HjjbfPz23mCgTOiOpwjojy2Gt3tIT5HJ0tgqFsuOut_Lk

DiRE: Abruzzo Marche e Umbria, Reti femministe si mobilitano per difendere diritto all’aborto

ANSA. Abruzzo, RU486 meglio in ospedale

https://www.ansa.it/canale_saluteebenessere/notizie/sanita/2021/02/10/aborto-abruzzo-ru486-meglio-in-ospedale-che-in-consultorio_3e782471-426a-451c-ab74-879665504cdb.html

Firma la petizione, LAIGA è tra le prime firmatarie!

https://www.change.org/p/mario-draghi-pillola-ru486-vogliamo-essere-libere-di-scegliere?recruiter=69981084&utm_source=share_petition&utm_campaign=psf_combo_share_abi&utm_medium=whatsapp&recruited_by_id=a3838d56-5945-4885-bca0-2a6b2436664d